Dopo lo spettacolo dei mesi scorsi è facile sottovalutare il cielo di maggio. Giove e Venere, che hanno dato spettacolo danzando alla sera talvolta anche con la Luna, se ne stanno andando nella luce del sole. Restano però, ora a temperature più confortevoli, altri due pianeti piuttosto belli, Saturno e Marte, rispettivamente proiettati nella Vergine e nel Leone.
Saturno è vicina a Spica, l'unica stella ben visibile della Vergine, e per non essere da meno Marte si è piazzata nei pressi di Regolo. Tutti meticolosamente sull'eclittica, la linea immaginaria in cui transita il sole.
Ma queste due costellazioni, che attirano i nostri occhi o per la forma o per il passaggio di alcuni pianeti, nascondono un tesoro prezioso. al loro "interno", cioè molto più lontano nella loro direzioni esistono due ammassi di galassie tra i più importanti. Quello della Vergine, situato in alto a destra rispetto a Spica, è relativamente vicino al nostro, quello a cui anche la nostra Via Lattea fa parte, dista di fatto circa 60 milioni di anni luce. Siccome è molto più grosso del nostro ammasso, detto Gruppo Locale, nonostante la distanza ne esercita una certa forza di attrazione, per cui la nostra galassia, con tutte le sue sorelle del Gruppo Locale, compresa Andromeda, sta viaggiando verso l'ammasso della Vergine a circa 200 km all'ora.
L'ammasso del Leone è situato sulla sinistra di Regolo e poco sopra alla posizione attuale di Marte. Dista circa 30 milioni anni luce ed è anch'esso attirato e in viaggio verso l'ammasso della Vergine. I tre ammassi, l'ammasso della Vergine, l'ammasso del Leone e il Gruppo Locale, fanno parte di un superammasso che ha il suo centro verosimilmente nei pressi dell'ammasso della Vergine.
Beh, non so voi, ma anche se ad occhio nudo non vedo niente di tutto questo, tutte queste galassie mi fanno venir voglia di guardare quel buio che sta dietro a Saturno e Marte, che a questo punto sono poco più che sassolini, vicini di casa, o se vogliamo, cartelli indicatori di galassie lontane.
martedì 1 maggio 2012
lunedì 23 aprile 2012
La luce della luna

A noi può semprare incredibile, ma la nozione che sia il Sole ad illuminare la Luna non appartiene al bagaglio delle nostre conoscenze intuitive e del senso comune. Per quanto ne sappiamo non compare, né nella tradizione, né nella mitologia di alcuna popolazione al mondo. Il primo a prospettare questa spiegazione fu Parmenide, che descrisse la luna come “Luce splendente di notte di uno splendore non suo e che erra intorno alla terra. Sempre guardando verso i raggi del sole.” (Frammenti, 14-15).
giovedì 19 aprile 2012
L'orsa celeste
Le sette stelle del “Grande Carro” che costituiscono la parte centrale della costellazione dell’Orsa Maggiore, sono senza dubbio le stelle più famose del cielo boreale. Danno origine alla parola Settentrione che deriva dal latino Septem (sette) e Triones (buoi da lavoro).
Ben più antica sembra l'origine del mito che vede in queste stelle un'orsa. Alcune pitture rupestri, manufatti e ritrovamenti di crani di orso nelle caverne europee di più di 30.000 anni fa, denotano una sorta di culto paleolitico dell’orso.
Con ogni probabilità l’Orsa Maggiore è la più antica, e persistente, creazione culturale dell’umanità.
mercoledì 7 dicembre 2011
giovedì 11 agosto 2011
Perchè guardiamo le stelle?
Perchè guardiamo le stelle?
Cosa spinge dentro di noi ad alzare lo sguardo, a fissare quello schermo antico e immobile, così permaloso da nascondersi alle prime luci, così lontano da sembrare un telo steso lassù, ad una distanza incolmabile?
Le stelle, a ben guardare, mettono in discussione i nostri punti fermi: la terra sulla quale poggiamo i piedi galleggia nello spazio; sopra e sotto diventano concetti senza senso; prende vita la possibilità che oltre un certo punto non vi sia il vuoto, come siamo abituati, ma il nulla.
Le stelle però rimandano anche alla nostra piccolezza, al nostro essere un puntino minuscolo nel concerto di energia che chiamiamo universo, sono ciò che la nostra scienza ancora non ha raggiunto, e quindi ci fanno sognare, immaginare, viaggiare con il pensiero. Paura e sogno, perdita delle sicurezze che ci da questa angusta stanza e stupore per l’occhiata che possiamo dare fuori di essa.
Le stelle tacciono. Indifferenti, attraversano la nostra vita piena di gioie e dolori, come se nulla fosse, presentandosi sempre allo stesso posto, sempre alla stessa ora, nella stessa stagione. Belle, solitarie, altre e altrove da noi, ci passano sopra. Eppure a volte non riusciamo ad essere così indifferenti verso di loro come loro sembrano esserlo con noi. A volte ci prende o nostalgia per l’altrove, o voglia di un respiro ampio, di aria diversa, la loro appunto. Oppure ancora ci prende un senso di appartenenza, non saprei come definirlo meglio, di compartecipazione ad un tutto grandioso, armonico, orchestrale, dove noi e loro siamo operai dello stesso cantiere, suonatori di una stessa musica, colori di un medesimo dipinto.
Cosa spinge dentro di noi ad alzare lo sguardo, a fissare quello schermo antico e immobile, così permaloso da nascondersi alle prime luci, così lontano da sembrare un telo steso lassù, ad una distanza incolmabile?
Le stelle, a ben guardare, mettono in discussione i nostri punti fermi: la terra sulla quale poggiamo i piedi galleggia nello spazio; sopra e sotto diventano concetti senza senso; prende vita la possibilità che oltre un certo punto non vi sia il vuoto, come siamo abituati, ma il nulla.
Le stelle però rimandano anche alla nostra piccolezza, al nostro essere un puntino minuscolo nel concerto di energia che chiamiamo universo, sono ciò che la nostra scienza ancora non ha raggiunto, e quindi ci fanno sognare, immaginare, viaggiare con il pensiero. Paura e sogno, perdita delle sicurezze che ci da questa angusta stanza e stupore per l’occhiata che possiamo dare fuori di essa.
Le stelle tacciono. Indifferenti, attraversano la nostra vita piena di gioie e dolori, come se nulla fosse, presentandosi sempre allo stesso posto, sempre alla stessa ora, nella stessa stagione. Belle, solitarie, altre e altrove da noi, ci passano sopra. Eppure a volte non riusciamo ad essere così indifferenti verso di loro come loro sembrano esserlo con noi. A volte ci prende o nostalgia per l’altrove, o voglia di un respiro ampio, di aria diversa, la loro appunto. Oppure ancora ci prende un senso di appartenenza, non saprei come definirlo meglio, di compartecipazione ad un tutto grandioso, armonico, orchestrale, dove noi e loro siamo operai dello stesso cantiere, suonatori di una stessa musica, colori di un medesimo dipinto.
sabato 30 luglio 2011
Notiziario URANIA
Molto interessante questo notiziario web promosso da www.cieloblu.it
In questo video le ultime su
1. l'asteroide che accompagna la terra senza girarle attorno
2. acqua nell'atmosfera di saturno
2. nuovi pianeti extra solari scoperti dal telescopio spaziale Kepler
domenica 24 luglio 2011
Ma quanto è grande?
C'è una questione che vorrei esporre, intrigante e fascinosa come tante di quelle che il cielo porta con sè. Una questione che ho rimuginato finora senza approfondimento, ma anche senza soddisfazione per le risposte "alla buona" che uno si da tanto per fare.
La questione è quella della grandezza dell'universo. Quanto è grande l'universo?
Tutti più o meno sappiamo che le distanze si misurano in anni luce, e che una stella distante, che so, mille anni luce, la vediamo come era mille anni fa alla distanza che la luce ha coperto in questo tempo viaggiando a quasi 300.000 km al secondo. Generalizzando questo ragionamento sembra logico pensare che se l'universo ha un'età di 13,7 miliardi di anni luce, quella stessa misura temporale ne indichi anche i confini spaziali. Le cose più distanti che possiamo vedere possono arrivare fin lì, non oltre, non tanto per la limitatezza dei nostri mezzid i osservazione, ma perchè cercare qualcosa che sia partito prima dell'inizio è assurdo.
Eppure questo ragionamento è sbagliato.
E' vero che la luce viaggia regolarmente alla velocità della luce, e quindi ci dice qualcosa di un tempo remoto e di una determinata distanza, ma è anche vero che l'universo, dalla sua nascita per big bang, è in continua espansione. La luce viaggia in uno spazio che nel frattempo si estende. Attenzione alla nostra immaginazione, che ancora una volta rischia di trarci in inganno: dire che l'universo si "espande" o si "estende" non significa che lo fa nel vuoto, ma nel nulla. C'è una bella differenza tra vuoto e nulla, perchè il vuoto è qualcosa rispetto al nulla. Non è che uno spazio vuoto viene progressivamente conquistato e riempito da galassie vaganti. E non bisogna neppure pensare che da qualche parte, laggiù in fondo, al limite di ciò che possiamo vedere, vi sia una ultima stellina oltre il quale, stop, comincia il vuoto. No, è il nostro stesso universo, coi suoi pieni e i suoi vuoti, che si "espande", come la superficie di un palloncino che non ha confini, eppure non è infinita, e gonfiandosi vede aumentare le distanze interne da un qualsiasi punto all'altro.
Questa estensione non ha alcun rilievo per distanze relativamente piccole, come tra la nostra Via Lattea e Andromeda, la galassia a fianco, ma lascia i segni quando le distanze in anni luce cominciano a diventare a 9 zeri.
Ecco allora che 13,7 miliardi di anni, và precisato, non indica il raggio o il diametro dell'universo, ma solo la sua età e l'orizzonte per noi visibile. La luce ha avuto quel tempo a disposizione per viaggiare, e quindi quello ci può far vedere, ma ciò non significa che fuori da questo "orizzonte" non ci sia altro. E' stato Hubble a scoprire quello strano fenomeno per cui su grandissime distanze, le galassie più sono lontane e più velocemente si allontanano le une dalle altre. Questa elasticità dello spazio fa si che una galassia che vediamo a 10 miliardi di anni luce non si trovi più a 10 miliardi di anni luce, ma a 16! Perchè in così tanto tempo lo spazio si è esteso.
Ma allora, se le cose stanno così, possiamo sapere quanto è grande l'universo?
Einstein ci ha spiegato che la cosa è strettamente legata alla materia presente nell'universo, che con la sua forza di gravità influisce sulla velocità dei corpi e addirittura sulla conformazione dello spazio.
Tenendo conto della velocità e dell'espansione dell'universo sembra che la distanza dell'orizzonte cosmologico sia di 46,5 miliardi di anni luce (cfr. Alberto Cappi, Coelum nr. 140) , tanta infatti è la distanza effettiva ricoperta dalla luce dal big bang a oggi. Ma a questo "raggio" (che raddoppia qualcora si voglia immaginare il diametro dell'universo) riguarda solo l'universo per noi visibile. Oltre quel limite potrebbe esserci molto, ma molto altro.
La questione è quella della grandezza dell'universo. Quanto è grande l'universo?
Tutti più o meno sappiamo che le distanze si misurano in anni luce, e che una stella distante, che so, mille anni luce, la vediamo come era mille anni fa alla distanza che la luce ha coperto in questo tempo viaggiando a quasi 300.000 km al secondo. Generalizzando questo ragionamento sembra logico pensare che se l'universo ha un'età di 13,7 miliardi di anni luce, quella stessa misura temporale ne indichi anche i confini spaziali. Le cose più distanti che possiamo vedere possono arrivare fin lì, non oltre, non tanto per la limitatezza dei nostri mezzid i osservazione, ma perchè cercare qualcosa che sia partito prima dell'inizio è assurdo.
Eppure questo ragionamento è sbagliato.
E' vero che la luce viaggia regolarmente alla velocità della luce, e quindi ci dice qualcosa di un tempo remoto e di una determinata distanza, ma è anche vero che l'universo, dalla sua nascita per big bang, è in continua espansione. La luce viaggia in uno spazio che nel frattempo si estende. Attenzione alla nostra immaginazione, che ancora una volta rischia di trarci in inganno: dire che l'universo si "espande" o si "estende" non significa che lo fa nel vuoto, ma nel nulla. C'è una bella differenza tra vuoto e nulla, perchè il vuoto è qualcosa rispetto al nulla. Non è che uno spazio vuoto viene progressivamente conquistato e riempito da galassie vaganti. E non bisogna neppure pensare che da qualche parte, laggiù in fondo, al limite di ciò che possiamo vedere, vi sia una ultima stellina oltre il quale, stop, comincia il vuoto. No, è il nostro stesso universo, coi suoi pieni e i suoi vuoti, che si "espande", come la superficie di un palloncino che non ha confini, eppure non è infinita, e gonfiandosi vede aumentare le distanze interne da un qualsiasi punto all'altro.
Questa estensione non ha alcun rilievo per distanze relativamente piccole, come tra la nostra Via Lattea e Andromeda, la galassia a fianco, ma lascia i segni quando le distanze in anni luce cominciano a diventare a 9 zeri.
Ecco allora che 13,7 miliardi di anni, và precisato, non indica il raggio o il diametro dell'universo, ma solo la sua età e l'orizzonte per noi visibile. La luce ha avuto quel tempo a disposizione per viaggiare, e quindi quello ci può far vedere, ma ciò non significa che fuori da questo "orizzonte" non ci sia altro. E' stato Hubble a scoprire quello strano fenomeno per cui su grandissime distanze, le galassie più sono lontane e più velocemente si allontanano le une dalle altre. Questa elasticità dello spazio fa si che una galassia che vediamo a 10 miliardi di anni luce non si trovi più a 10 miliardi di anni luce, ma a 16! Perchè in così tanto tempo lo spazio si è esteso.
Ma allora, se le cose stanno così, possiamo sapere quanto è grande l'universo?
Einstein ci ha spiegato che la cosa è strettamente legata alla materia presente nell'universo, che con la sua forza di gravità influisce sulla velocità dei corpi e addirittura sulla conformazione dello spazio.
Tenendo conto della velocità e dell'espansione dell'universo sembra che la distanza dell'orizzonte cosmologico sia di 46,5 miliardi di anni luce (cfr. Alberto Cappi, Coelum nr. 140) , tanta infatti è la distanza effettiva ricoperta dalla luce dal big bang a oggi. Ma a questo "raggio" (che raddoppia qualcora si voglia immaginare il diametro dell'universo) riguarda solo l'universo per noi visibile. Oltre quel limite potrebbe esserci molto, ma molto altro.
sabato 16 luglio 2011
Ferragosto 2011, direzione sud
D'estate chi può permettersi un cielo scuro e pulito rischia di rimanere confuso per la bellezza che il cielo stellato offre. Prendiamo l'orizzonte verso sud, per intendersi all'opposto di dove indica la stella polare.
Di cose belle ce ne sono tante, in quantità crescente quanto più ci si avvicina con lo sguardo alla linea dell'orizzonte. Una beffa, per noi abitanti del Tropico del Cancro, a cui viene nascosto quel pezzo di cielo che offre più meraviglie. Una beffa, ma allo stesso tempo un invito a viaggiare verso sud, per veder crescere sempre più alto sulla testa ciò che alla nostra latitudine si intravvede solo basso all'orizzonte, dove luci e turbolenza disturbano la bellezze di ciò che pure potrebbe arrivare ai nostri occhi.
Lì, nel periodo estivo si incrocia la linea dell'orizzonte con il tragitto dello zodiaco, formato dalle costellazioni toccate dal movimento di sole, luna e pianeti. Ma non solo: vi è un altra linea che è presente all'appuntamento dell'orizzonte basso sud: quella della Via Lattea, la nostra galassia. E come se non bastasse quello non è un punto qualsiasi della via lattea. Le costellazioni di Scorpione e Sagittario ci indicano il centro della Via Lattea. Noi situati ai margini della trottola di stelle che forma la galassia, guardando verso il centro della trottola vediamo in prospettiva più stelle: una quantità spropositata se si usa uno strumento semplice come un binocolo. Viene da chiedersi come facciano a starci così tante stelle in così poco spazio. Noi, che siamo abituati a pensare al cielo vuoto, costellato da qualche puntino qua e là, restiamo smarriti nel vedere stelle e nebulose fitte come sabbia, o come brillantini gettati su un foglio. Lo spettacolo è completo se sempre nella stessa linea prospettica càpitano casualmente anche alcuni pianeti (del nostro sistema solare). Quest'anno a ferragosto ci sarà solo Plutone, che oltre ad essere stato estromesso dalla classe dei pianeti è obiettivamente impossibile da vedere anche con un telescopio normale. Quindi come niente.
Alzando lo sguardo sopra Scorpione e Sagittario si incrocia l'Ofiuco, altra bella costellazione toccata dal passaggio del sole, e chissà perchè estromessa dalle 12 dello zodiaco (forse perchè 13 era un numero poco simpatico), poi sopra ancora la costellazione di Ercole, con la stupenda M 13, un ammasso globulare tra i più belli che si possano vedere, non a occhio nudo, ovviamente. Sulla sinistra di Ofiuco ed Ercole ecco a voi il maestoso Triangolo Estivo, proprio sopra le nostre teste. E' delimitato da tre stelle ben luminose: Vega (stella alfa della Lyra), Deneb (la coda del Cigno) ed Altair (nell'Aquila, più a sud delle altre) troneggiano per tutto il periodo estivo racchiudendo all'interno del loro Triangolo diverse costellazioni e oggetti celesti come Albireo, M57 ed M27. Non perdetevi il Cigno, che percorrendo la Via Lattea punta dritto verso quel basso sud dal quale siamo partiti, con Scorpione e Sagittario.
Ma qui ce n'è davvero troppa, mi comincia a girare la testa. Facciamo una pausa.
Di cose belle ce ne sono tante, in quantità crescente quanto più ci si avvicina con lo sguardo alla linea dell'orizzonte. Una beffa, per noi abitanti del Tropico del Cancro, a cui viene nascosto quel pezzo di cielo che offre più meraviglie. Una beffa, ma allo stesso tempo un invito a viaggiare verso sud, per veder crescere sempre più alto sulla testa ciò che alla nostra latitudine si intravvede solo basso all'orizzonte, dove luci e turbolenza disturbano la bellezze di ciò che pure potrebbe arrivare ai nostri occhi.
Lì, nel periodo estivo si incrocia la linea dell'orizzonte con il tragitto dello zodiaco, formato dalle costellazioni toccate dal movimento di sole, luna e pianeti. Ma non solo: vi è un altra linea che è presente all'appuntamento dell'orizzonte basso sud: quella della Via Lattea, la nostra galassia. E come se non bastasse quello non è un punto qualsiasi della via lattea. Le costellazioni di Scorpione e Sagittario ci indicano il centro della Via Lattea. Noi situati ai margini della trottola di stelle che forma la galassia, guardando verso il centro della trottola vediamo in prospettiva più stelle: una quantità spropositata se si usa uno strumento semplice come un binocolo. Viene da chiedersi come facciano a starci così tante stelle in così poco spazio. Noi, che siamo abituati a pensare al cielo vuoto, costellato da qualche puntino qua e là, restiamo smarriti nel vedere stelle e nebulose fitte come sabbia, o come brillantini gettati su un foglio. Lo spettacolo è completo se sempre nella stessa linea prospettica càpitano casualmente anche alcuni pianeti (del nostro sistema solare). Quest'anno a ferragosto ci sarà solo Plutone, che oltre ad essere stato estromesso dalla classe dei pianeti è obiettivamente impossibile da vedere anche con un telescopio normale. Quindi come niente.
Alzando lo sguardo sopra Scorpione e Sagittario si incrocia l'Ofiuco, altra bella costellazione toccata dal passaggio del sole, e chissà perchè estromessa dalle 12 dello zodiaco (forse perchè 13 era un numero poco simpatico), poi sopra ancora la costellazione di Ercole, con la stupenda M 13, un ammasso globulare tra i più belli che si possano vedere, non a occhio nudo, ovviamente. Sulla sinistra di Ofiuco ed Ercole ecco a voi il maestoso Triangolo Estivo, proprio sopra le nostre teste. E' delimitato da tre stelle ben luminose: Vega (stella alfa della Lyra), Deneb (la coda del Cigno) ed Altair (nell'Aquila, più a sud delle altre) troneggiano per tutto il periodo estivo racchiudendo all'interno del loro Triangolo diverse costellazioni e oggetti celesti come Albireo, M57 ed M27. Non perdetevi il Cigno, che percorrendo la Via Lattea punta dritto verso quel basso sud dal quale siamo partiti, con Scorpione e Sagittario.
Ma qui ce n'è davvero troppa, mi comincia a girare la testa. Facciamo una pausa.
sabato 9 luglio 2011
La morte del sole

Fra 5 miliardi di anni il sole morirà. La cosa, se da una parte ci lascia tranquilli perchè ancora c'è tempo, dall'altra dispiace, perchè inutile negarlo, il sole ha un chè di eterno, di indistruttibile: non riusciamo a pensarlo "mortale" come i fiori, gli insetti o noi stessi. Invece arriverà, al di là di ogni dubbio, il momento in cui anche lui finirà di bruciare tutto l'idrogeno al suo interno restando solo una palla in gran parte di elio. Senza la spinta dell'idrogeno che bruciando dall'interno muove verso l'esterno, la forza di gravità dell'elio la farà da padrona incontrastata, e senza forze uguali e contrarie che determinano l'equilibrio di ogni stella, spingerà tutta la materia rimasta inevitabilmente verso l'interno. A questo punto che succede? Il sole si rimpicciolisce di parecchio, ma allo stesso tempo si surriscalda dando vita molto probabilmente a reazioni termonucleari dove l'elio potrà trasformarsi in elementi più pesanti (non di nuovo in idrogeno, che è l'elemento originario, più leggero e più abbondante nell'universo). Questo processo di "sgonfiamento" e "rigonfiamento" dovuto a ricadute verso il centro e nuove esplosioni per la compressione che si viene a creare nel nucleo, andrà avanti per un pò, qualche milione di anni, non di certo un tempo paragonabile ai 10 miliardi di vita precedente. E' un effetto fisarmonica tipico delle stelle "variabili". Alla fine di questo processo dove gradualmente si disperderà materia, il sole, o quello che ne resterà, finirà per rimpicciolirsi stretto stretto in un volume un milione di volte più piccolo di quello attuale. Sarà così una "nana bianca" (bianca perchè produce ancora luce). Un cucchiaino di massa di quel sole sarà così denso da pesare diverse tonnellate, una massa che gradualmente perderà anche la sua luce. Sarà quella la definitiva morte del sole all'età di 10 miliardi di anni in un universo che in tutto ne avrà circa 18/19, neanche il doppio dei suoi.
Chissà, magari a quell'epoca una qualche forma di vita nostra discendente, sarà da qualche parte, ad una distanza di sicurezza, su un pianeta artificiale, o attorno ad una stella "vicina" a vedere lo spettacolo.
Oddio che viaggio, torniamo sulla terra!
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