martedì 28 giugno 2011
Cos'è la magnitudine?
La magnitudine è una classificazione delle stelle secondo la loro luminosità. Dal latino "magnitudo" significa grandezza. Già dai tempi di Tolomeo (quello che aveva messo la terra al centro dell'universo) le stelle erano divise in sei classi di splendore. Dalla prima classe per le più luminose, alla sesta classe per le più deboli a occhio nudo.
La magnitudine di una stella dipende ovviamente dalla quantità di luce che la stella emana, ma anche dalla sua distanza da noi che la osserviamo, per questo si parla di magnitudine apparente e magnitudine assoluta. La magnitudine apparente è la luce che arriva a noi, la magnitudine assoluta invece è la luce del singolo astro ad una distanza fissa di 10 parsec, o più comunemente 32,6 anni luce.
Cos'è un Parsec ? E' una misura stella che significa letteralmente PARallasse per SECondo d'arco, e indica la distanza da cui il semiasse maggiore dell'orbita terrestre (la distanza terra sole) sottende un angolo di 1 secondo d'arco ed equivale a 3,26 anni luce.
Non ci vuole un asso della matematica per capire che dei tre elementi: magnitudine apparente, magnitudine assoluta e distanza, quando se ne conosce due, si riesce a tavolino a ricavare anche il terzo. La magnitudine apparente si conosce sempre, basta guardare la stella. Se si conosce anche la magnitudine assoluta si deduce la distanza, se si conosce la distanza se ne deduce la luminosità assoluta.
La magnitudine apparente, o luminosità oggi può esprimersi con precisione e ben oltre le capacità di percezione dell'occhio umano. Numeri di magnitudine sempre più alti (+ 7, +11, +15...) indicano stelle sempre più deboli e apparentemente piccole, mentre dal lato opposto della scala ovviamente la luminosità aumenta, per cui oltre lo zero troviamo misurazioni che portano davanti il segno meno, fino al sole, l'oggetto celeste più luminoso vista la vicinanza, la cui magnitudine apparente è calcolata a - 26,7.
La magnitudine di una stella ci dice quindi qualcosa delle sue dimensioni e della sua distanza, ma non solo. La luce in sè porta tracce della composizione della stella, della sua temperatura, e della eventuale materia interstellare che può trovarsi lungo il tragitto visuale.
sabato 25 giugno 2011
Proxima Centauri
Proxima Centauri è la stella più vicina al sole. Dista a 4,3 anni luce dal sole, ma la sua vicinanza non supplisce alla sua piccolezza e quindi la sua luminosità rimane impercettibile ad occhio nudo. Stelle molto più lontane risultano molto più luminose al nostro occhio. Tale distanza "minima" comunque equivale a 270 mila volte la distanza del sole dalla terra. Questo per dire che pur essendo la più vicina rimane ad una distanza tale che nessuno può illudersi di organizzare un viaggio da quelle parti.
La sua posizione è relativamente facile da individuare: Costellazione del Centauro, vicinissima ad Alpha Centauri che oltre ad essere la stella più luminosa di quella costellazione è la terza più luminosa di tutto il cielo. La sua vicinanza ad Alpha Centauri, non solo prospettica, fa seriamente pensare che che si tratti di un sistema di tre stelle (ce n'è anche una terza)che ruotano tra di loro. Il chè potrebbe significare che non sempre Proxima è la più vicina, ma per la rotazione del sistema di stelle potrebbe periodicamente alternare il suo primato di più vicina alla terra a Rigil (lo zoccolo del Centauro, detta anche Toliman "il tralcio di vite"), la stella Alpha appunto. Purtroppo la costellazione del Centauro si trova nell'emisfero sud del cielo, vicino alla famosa Croce del Sud, anzi la Croce del Sud è proprio sotto il ventre del Centauro, tra i suoi zoccoli anteriori e quelli posteriori. Dire che è una zona fantastica è poco, chissà se potrò mai vederla coi miei occhi...
Per vederla dovremmo spostarci sotto l'equatore (come minimo per vedere qualcosa bisogna scendere fino all'Egitto), oppure ci accontentiamo della nostra immaginazione guardando nella sua direzione, cioè verso i nostri piedi.
Proxima Centauri è una nana rossa e non ha pianeti massicci attorno a sè. Ovviamente il criterio con cui decidiamo che qualcuno è un nano e qualcun altro un gigante, siamo sempre noi, con la nostra stella che è il "metro" per catalogare tutte le altre. Quindi Proxima è una nana, perchè ben più piccola del sole. Il suo diametro infatti è un settimo di quello solare.
sabato 18 giugno 2011
Una mia favoletta
Mi capitò, parecchi anni fa, di andare una sera a vedere le stelle e ci portai anche mio figlio che fino ad allora aveva preferito giochi molto più concreti e dalle caratteristiche più prensili, rispetto a quello starsene al buio, con la testa all’insù.
Venne anche lui, dunque, forse più per stare con me che per le stelle, o forse semplicemente per passare una serata diversa. Io ho sempre amato il cielo. Ho letto parecchio, ho comprato un piccolo telescopio, insomma la cosa mi appassiona e da buon appassionato so che la maggior parte delle domande che gli amici possono fare sono sempre quelle. So che le mie domande non sono le loro, mi ritrovo spesso a dire le dimensioni del sole, della terra, del sistema solare. Magari qualche divagazione sull’ultima eclissi o sui nomi delle costellazioni. Ma solitamente tutto finisce lì. E se con gli amici tutto finisce lì figuriamoci se qualcosa di più interessante può venire dal confronto con un bambino di otto anni.
Non avevo certamente paura di non essere all'altezza, quella sera. Mi sarei accontentato di poco, ero già contento del fatto che mio figlio mi avesse chiesto di poter venire con me, ma poi tornai spesso a riflettere su quella sera.
Arrivati sul luogo, il mio prato preferito, lontano dalle luci della città e arricchito dal canto dei grilli e delle cicale, scesi dall’auto e cominciai a scaricare i miei atrezzi. Non avevo portato il telescopio, ma il binocolo sì e pure qualche carta del cielo con la pila rossa.
Allora, Giacomo, ti piace?
No. – disse lui.
Come no! Non avevi detto che volevi vedere le stelle? Guarda, da qui quante se ne vedono.
E’ buio. Io non ci vedo.
Già, dimenticavo. I bambini non sono tanto amici del buio, e quello inoltre era per lui un luogo del tutto nuovo. Io gli chiedevo di stupirsi per il cielo e lui invece era preoccupato di dove avrebbe messo i piedi.
Lasciai perdere la mia cartina e le altre cose, lo presi per mano e decisi di stargli molto vicino, per rassicurarlo un po’. Giacomo allora alzò un poco alla volta il suo sguardo ed inseguendo il mio dito cercava di riconoscere il leone, stampato alto, nel cielo primaverile di quella campagna. Mi pareva un buon argomento, volevo fargli vedere la forma che prendevano quelle otto – dieci stelle luminose. Sapevo che avevo a che fare con una mente fantasiosa e desiderosa di avventura e la proiezione di un bel leone nel cielo scuro mi pareva un film adatto per questo giovane spettatore. Tutto procedeva tranquillamente quando da levante cominciò mestamente a salire una luna bella e luminosa, quasi piena. La cosa mi dispiacque perché con una luna così non avremmo potuto vedere a lungo tante stelle come quando il cielo è completamente buio, ma la mia spiegazione del leone era già a buon punto ed il pargoletto mi pareva anche abbastanza interessato. Sennonché ad un certo punto anche lui si accorse dell’ultima arrivata e da quel momento non ci fu più nulla da fare: volle parlare solo della luna.
Guarda papà! La luna.
E’ bella vero? –
A me sembrava decisamente più interessante continuare a parlare del leone e magari delle sue galassie che nascondono chissà quali meraviglie, ma lui guardava ormai altrove e lo stupore che traspariva dai suoi occhi mi sembrò più bello di tutte le galassie dell’universo. Ok, se vuole parlare della luna, parliamo della luna, pensai, tanto il leone non ce lo ruba nessuno e ce lo possiamo guardare un’altra sera.
Dopo averla guardata a lungo Giacomo mi rivolse una domanda che mi fece sorridere
Perché non cade?
Beata ingenuità. Adesso come gli spiego in due parole della forza di gravità che regola la rotazione dei pianeti e dei loro satelliti attorno al sole? Cominciai a parlare usando parole semplici.
Vedi Giacomo, la luna non cade addosso alla terra, ma le gira attorno. C’è una forza che li tiene uniti e si chiama forza di gravità. Più una cosa è grossa e più ha dentro di sé questa forza di gravità. Mi segui?
Sì, ho capito – disse lui – Ma perché non cade giù?
Te l’ho detto. Non cade perché vuole stare vicino alla terra. Sotto non c’è niente, dove vuoi che cada?
Come, non c’è niente. Sotto non c’è niente?
La questione si stava facendo seria. E nonostante i miei buoni propositi iniziali anche le mie risposte si fecero sempre più serie. Cominciai a parlare dell’espansione dell’universo, dei suoi confini impossibili da vedere, ma lo persi quasi subito. Si distraeva, sbadigliava e aspettava solo che finissi di parlare.
Mi fermai, allora, ma non sapevo cosa fare. Non era certo contento della mia risposta, ma forse non ricordava più neppure la domanda ed infatti il suo sguardo era tornato verso il leone ruggente. Aveva imparato a riconoscere la testa, il corpo, la coda.
Come sono lontane le stelle! – disse – Nessuno le può toccare.
No, pensai, questa volta non gli farò una lezione, però qualcosa mi tocca rispondergli.
Hai visto come sono lontane? Hai ragione, nessuno è mai andato su quelle stelle lassù, sono troppo lontane. Pensa che se tu ci volessi andare con la macchina partiresti adesso e da vecchio saresti ancora ben lontano da loro.
Accidenti! Anche se guido sempre a tutta velocità?
Sì, sì.
Allora sono proprio lontane. – confermò lui.
Dentro di me ridevo dall’alto della mia saccenteria, e pensavo di aver fatto bene a lasciar perdere la spiegazione della velocità della luce e della relativa misurazione delle distanze astrali in anni luce, una chiacchierata che magari sarebbe venuta buona un paio di anni dopo.
Ti dirò di più Giacomo: quelle che vedi sono stelle lontanissime, … eppure sono solo le più vicine.
Inizialmente tacque per capire meglio la mia frase. Poi volle spiegazioni ulteriori.
Come sarebbe a dire? Sono vicine?
No, no, ho detto che sono lontane, però ce ne sono molte altre che sono molto più lontane e noi non le vediamo per niente. Sono laggiù, lontanissime. Non si vedono neppure con il telescopio.
Papà, guarda la luna, com’è salita in alto!
L’avevo perso un’altra volta. Conoscevo il suo linguaggio. Quando cambia discorso significa che quello che dico non gli interessa. Chissà, forse una volta ero anch’io così. Inutile riportarlo alle stelle, non siamo a scuola e possiamo benissimo seguire i suoi discorsi.
Gli dissi qualcosa sul primo uomo che andò sulla luna, gli raccontai che io avevo tre anni quando questo accadde e fu una missione grandiosa. Lui alla fine fu contento delle cose che gli raccontai e tornò a casa soddisfatto. Si immaginava di essere Amstrong che cammina sulla luna e fece un racconto alla mamma così ricco di particolari che nemmeno uno scrittore di fantascienza avrebbe potuto inventare.
Il leone, Armstrong, la luna… lo fecero addormentare sereno, e altre volte dopo quella sera mi chiese di parlargli del cielo.
Ma non mi chiese più come mai la luna non cade.
Non volle correre il pericolo di sentire altre risposte stupide. Col passare degli anni mi accorsi di quanto quella semplice domanda avesse fatto breccia dentro di me. Ricorderò per sempre quella sera sotto le stelle. Perché ognuno di noi due in quel prato, in mezzo ai grilli e alle cicale, depositò qualcosa di prezioso nell’altro.
Lui mi lasciò quella domanda struggente, semplice, affascinante. "Perché non cade giù?" Perché in fondo, anche lei non fa quello che fanno tutte le cose, perché non cade per terra come ogni oggetto che viene lanciato per aria?
Io quella sera ho capito che a volte le domande bastano a sé stesse. Sono belle così, con il silenzio che ne segue. Non è necessario rispondere sempre. A volte una risposta scientifica corretta può arrivare nel momento sbagliato. Un bambino ha davanti a sé ancora tutto il tempo per le risposte scientifiche. Forse non era quello che lui desiderava in quel momento. Forse avrei fatto meglio a rimanere zitto, a guardare nei suoi occhi quel misto di sorpresa, stupore, e forse anche paura per un impatto che per motivi misteriosi non avverrà. Giacomo mi ha fatto tornare in mente la bellezza delle domande a cui nessuno mi ha mai risposto. Quelle domande rimaste aperte tra la fanciullezza e l’adolescenza, che silenziosamente hanno tenuto acceso un motore dentro di me, e mi hanno conservato la voglia di capire, di sapere, e alla fine di chiedere ancora.
Ed io, che cosa ho lasciato a lui? Quella sera non me ne accorsi, ma in mezzo a mille paroloni avevo trovato una frase giusta che dopo tanti anni seppi essere ancora viva dentro di lui.
"Così lontane, eppure sono solo le più vicine". Questo gli rimase dentro. Forse l’unica frase che quella sera dissi spontaneamente, senza uno scopo, di cuore. Quelle stelle che guardo, che tutti noi guardiamo dandogli un nome, un compito, riconoscendole dalla posizione, dal colore, tutto quel manto di luci che nelle notti di cielo terso scintillano lassù in alto, … sono ancora niente. C’è di più. Ma c’è così tanto di più che neppure l’immaginazione riesce a misurare.
Questo brivido, questa vertigine, questa improvvisa sensazione di piccolezza immersa in una spropositata grandezza colpì il mio bambino e lo portò a non accontentarsi di qualche grammo di felicità legata unicamente a questa terra.
- Buona notte, Giacomo. E buona notte anche a te – dissi alla luna chiudendo la finestra – mi raccomando, non cadere sul mio bambino.
sabato 11 giugno 2011
domenica 5 giugno 2011
Eclissi in vista
Il 15 giugno è in arrivo una bella eclissi di luna. Non lasciamocela scappare. Tutte, ma proprio tutte le informazioni sul sito UAI.
Il picco è verso le 22 quindi, dai, è una fatica che si può fare!
sabato 4 giugno 2011
Stazione Spaziale Internazionale
Non va confuso l'Hubble Space Telescope, con la Stazione Spaziale Internazionale, che è un altra cosa: una piattaforma ancora non terminata, come l'Hubble in orbita attorno alla terra anche se a quota più bassa (infatti è visibile a occhio nudo), ideata per effettuare alcuni esperimenti in condizioni di microgravità nel campo della biologia, chimica, medicina, fisiologia e fisica, come così come anche osservazioni astronomiche e meteorologiche. L'Hubble è un telescopio posto in orbita nel 1990 per evitare il disturbo dell'atmosfera che influisce negativamente in tutti i telescopi a terra. E' completamente governato da terra.
Ben fatta per chi fosse interessato la pagina di wikipedia.
giovedì 2 giugno 2011
Hubble giramondo
Il 25 aprile scorso l'Hubble Space Telescope ha compiuto 21 anni. Il progetto che ha incontrato infinite difficoltà, è stato comunque geniale ed ha senz'altro avviato un modo di guardarci attorno del tutto nuovo e pieno di prospettive future. Perchè un conto è guardare il cielo dalla terra, e ben altra cosa è alzarsi in quota e guardare il cielo ... dal cielo. Un telescopio che gira attorno alla terra a 560 km d'altezza dal suolo, alla velocità di 27 mila km all'ora, facendo un giro completo della terra in 96 minuti, benchè difficile da raggiungere e fargli manutenzione, è sempre più adatto, con meno disturbi ambientali ed atmosferici di tutti quei giganti di cemento che si sono costruiti senza sosta in tutte le vette più alte (e più belle) della terra.
Il lavoro condotto in questi vent'anni dall'Hubble non è nemmeno paragonabile a quello di tutti gli altri telescopi a terra. Lui vede a dieci decimi quello che a terra intravvediamo come miopi che strizzano gli occhi e ripuliscono in continuazione le spesse lenti.
Qualcuno ogni tanto mi chiede se vale la pena spendere tante risorse, a terra o in orbita, per "vedere meglio le stelle". Che ce ne viene, in fin dei conti?
E' una domanda lecita, soprattutto in tempi di crisi, e allora provo in poche righe a sintetizzare il lavoro dell'Hubble sperando di mostrarne anche la futura utilità pratica. Certo è che se la ricerca avesse seguito fin qui solo l'utile non avrebbe trovato "casualmente" tante cose che poi si sono rivelate molto utili (i raggi x, ad esempio).
Hubble ha progredito le nostre conoscenze su
1. Energia oscura. Il nostro universo anzichè rallentare frenata dall'azione della gravità complessiva, come vorrebbe la logica del big bang, ... sta accellerando. Le galassie attorno a noi, più sono lontane e più velocemente si allontanano da noi e le une dalle altre. Da ciò pare lecito supporre l'esistenza di una energia oscura responsabile di questo comportamento osservabile. Scoprire l'origine di questa energia è la sfida più affascinante della fisica odierna, essa spiega ben il 73% della densità di energia dell'universo intero, e quindi magari, saperne di più, non guasterebbe.
2. La costante di Hubble. Proprio Edwin Hubble alla fine degli anni '20 scoprì per primo che l'universo è in espansione, allo stesso modo di come si espande la superficie di un palloncino gonfiato. La modalità di espansione segue una velocità costante, che prima delle osservazioni dell'Hubble telescopio è stata difficile da individuare mentre ora è conosciuta e ci permette di ricavare l'età dell'universo. Le osservazioni hanno poi permesso di ricavare dati più precisi sul numero di specie di neutrini e la curvatura cosmica.
3. Formazione ed evoluzione galattica. Il telescopio spaziale ha indagato su come si sono formate le galassie nelle loro svariate forme e colori. Guardare lontano, come si sa, significa anche guardare indietro nel tempo, e l'Hubble è riuscito a farlo andando a recuperare immagini di galassie veramente primordiali, lontane diversi miliardi di anni luce, fino al limite massimo di quando l'universo neonato aveva appena 600 milioni di anni di età. A quel tempo le galassie erano più piccole e più irregolari, e si scontravano più spesso tra loro. Sono dati coerenti con l'ipotesi dell'espansione. Si sono comprese anche alcune evoluzioni della materia a livello atomico. Come e quando certe particelle più elementari si sono aggregate in più evolute e come questo processo abbia portato alla tavola periodica oggi in nostro possesso. Infine va segnalata la corrispondenza scoperta tra galassie e buchi neri: ogni galassia ne ospita uno che cresce con il crescere della galassia stessa.
4. I pianeti extrasolari. Nel 1995, grazie all'Hubble, è stato avvistato il primo pianeta che ruota attorno ad una stella diversa dal sole. Oggi ne possediamo già un catalogo che si avvicina ai 500 pianeti. Molti sono stati scoperti da terra, ma le immagini più preziose, che sorprendono il disco planetario attraversare la luce della sua stella, ce le ha offerte sempre lui, l'occhio orbitante. Attraverso determinati filtri si riesce anche a determinare che tipo di atmosfera ci sia su certi pianeti e due pianeti sono stati trovati con tracce di ossigeno e acqua. Sarà difficile arrivarci, certo, però forse pianeti come il nostro non sono così rari, e si può capire meglio come si sono formati.
5. La materia oscura. Dalle osservazioni emerge anche che, oltre all'energia oscura di cui abbiamo detto al primo punto, esiste nelle galassie anche una "materia" oscura, che è un altra cosa. La maggior parte della "massa" (non dell'energia) presente nell'universo appartiene a materia che non emette alcuna luce, ma che può essere rilevata attraverso i suoi effetti gravitazionali. Per tali osservazioni è stato determinante l'utilizzo delle "lenti gravitazionali" che la natura dispone a caso là dove una grossa galassia si interpone tra noi e ciò che intendiamo osservare. L'effetto lente distorce e avvicina ciò che sta dietro. La materia oscura è in gran parte responsabile dell'effetto lente per noi prezioso.
Questa è una supersintesi il cui scopo è unicamente quello di invogliare a saperne di più. Ma l'Hubble in conclusione non è uno strumento solo per appassionati di astronomia e specialisti. Esso ha prodotto una quantità di immagini spettacolari che prima erano inimmaginabili e che chiunque può apprezzare, a partire per esempio dal sito dedicato all'indirizzo http://hubblesite.org/
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